Beppe Bergomi ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni del settimanale SportWeek. Queste le parole dell’ex capitano dell’Inter:
“Nella vita calcistica mi sono sempre ritenuto un leader silenzioso. Ho sempre preferito che a parlare fossero i miei comportamenti e non le parole. In allenamento andavo via sempre per ultimo dal centro sportivo, cercavo di inculcare il senso di appartenenza e il significato di indossare una maglia così importante come quella dell’Inter. La prima cosa che facevo era andare nelle camere dei nuovi arrivati durante i ritiri estivi. Lo facevo di più con i giocatori stranieri. Una volta sono entrato in camera di Brehme e Matthaus, la porta del bagno era aperta e il lavandino pieno di cubetti di ghiaccio: in mezzo al ghiaccio vedo bottiglie di birra. Dico tra me e me ‘che devo fare?’. Ho chiesto una birra, invece entrambi loro stavano studiando un libro di italiano e ripetevano ‘forchetta, cucchiaio’. Stavano imparando le parole basilari per comunicare un po'”.
Bergomi continua: “Se il ruolo del capitano è cambiato? Direi di no, perché un capitano deve sempre attrarre a sé le persone, e per riuscirci deve essere sempre credibile. Adesso i giovani vogliono tutto e subito, per questo serve il carisma. Non serve la fascia per dimostrarlo: ricordo Diego Simeone, un vero leader nell’Inter del capitan Javier Zanetti. Adesso il capitano è Lautaro, un calciatore che è cresciuto moltissimo. Nei momenti di buio, ovvero quando non andava in gol, si intristiva sempre e non era nemmeno utile ai suoi compagni. Invece dallo scorso anno è diventato un giocatore fondamentale anche quando non segna, perché aiuta la squadra in maniera diversa, con tanta corsa, con una sponda, una scivolata o un assist in più. Lautaro secondo me è anche una persona positiva, certamente ha lo sguardo truce che io non avevo, ma il ragazzo è un capitano perfetto per questa squadra. Un altro che potrebbe diventare un capitano-simbolo è Nicolò Barella“.